La voce di NoRisk – Confronto Economico Globale: Europa, Stati Uniti e Cina al bivio

La voce di NoRisk – Confronto Economico Globale: Europa, Stati Uniti e Cina al bivio

La settimana passata ha visto qualche ulteriore correzione sull’azionario, stabile l’obbligazionario, oro sempre intorno ai 2.000 Usd.

Sostanzialmente, un mercato con lieve tendenza negativa sul breve in attesa delle banche centrali sulla questione tassi. Solo i tassi e la gestione dell’inflazione saranno le determinanti dei mercati a breve, mentre nel medio conterà la forza relativa delle aziende e dei paesi.

Iniziamo dall’Europa con il grafico sui dati PMI (indicazioni che provengono dai direttori delle aziende quindi molto significativi).

Come si può vedere, prima solo le attività produttive (linea azzurra), ora anche i servizi e l’indice generale si trovano sotto quota 50. I dati PMI in contrazione sono sempre una buona indicazione per il PIL dei paesi: da questo punto di vista possiamo dire che l’Europa è in recessione (oltre ai dati PMI, abbiamo un calo della produzione industriale generalizzato con la Germania in testa).

Gli Stati Unici invece hanno questi dati al limite dell’incredibile:

Il PIL reale del III trimestre 2023 è cresciuto, annualizzato, alla cifra impressionante del 4,9%.

In sostanza la recessione più chiamata della storia è arrivata in Europa, mentre in US è stata rimandata nel tempo (prima o poi i tassi alti e una minor spesa pubblica governativa mostreranno i loro effetti).

Vale la pena anche soffermarsi sulla Cina che sta vedendo, un po’ come l’occidente nel periodo 2007-2009 tutte le principali società immobiliari essere in grande difficoltà sia a terminare i lavori di costruzione, sia, soprattutto, a restituire i soldi alle banche e agli obbligazionisti che hanno prestato loro il denaro.

Negli ultimi anni si è parlato sempre e solo di decarbonizzazione e di abbandono (anche rapido) di petrolio e gas.

Politica, movimenti ambientalisti e d’opinione tutti pronti a perorare la causa unica.

Poi un giorno, per caso, scoppia la guerra in Ucraina e scopriamo che di gas e petrolio non ne possiamo fare a meno e con il rialzo dei tassi e l’aumento folle dei costi di tutte le materie prime settori quale eolico, solare, batterie, sistemi d’accumulazione delle rinnovabili vanno tutti in crisi con bilanci in forte perdita, appalti e gare deserti, aumenti di capitale.

Cosa fanno due tra le società US più importanti al mondo nel settore Oil & Gas?

Chevron e ExxonMobil grazie al valore delle loro società in borsa e dei loro bilanci hanno acquisito due società con transazione economica azioni contro azioni proprio nel settore più discusso in questa fase storica.

Lo fanno azzardando o avendo ragionevoli probabilità che i combustibili fossili verranno usati ancora per moltissimi anni?

E aggiungo: chi ha i bilanci solidi, potrà nel tempo, aprire divisioni rinnovabili e sopportarne le perdite eventuali. Chi è partito solo nel green e ha dovuto sopportare l’esplosione dei tassi e dei costi rischia di non andare tanto lontano anche se la sua idea era giusta e corretta in questa fase storica.

L’inefficienza fiscale dei dividendi

Prossimamente scriveremo una guida completa di come la tassazione influisca sui vari strumenti finanziari, oggi analizziamo brevemente solo le azioni e gli ETF azionari.

In primo luogo una precisazione in ricordo dei vecchi studi di analisi finanziaria quando ho preso il CEFA a Lussemburgo nel lontano 2003: il valore di un’azienda non dipende dalla distribuzione o meno di un dividendo e non ci sono evidenze scientifiche che azioni che distribuiscono meritino un premio su quelle che non lo fanno.

Inoltre, vista l’inefficienza fiscale è decisamente meglio, lato risparmiatore, scegliere aziende che non distribuiscano cedole o piuttosto che remunerino l’azionista comprando azioni proprie (buyback), aumentando gli utili per azione e sostenendo il prezzo del titolo.

Supponiamo una società che valga 100 e distribuisca 5 come dividendo.

Il giorno dello stacco il titolo vale all’incirca 95. Il cliente, se il titolo è italiano, incassa 5* (1-0,26)= 3,7 Euro (26% è la tassazione a titolo definitivo).

Quindi:

1) Società che non distribuisce dividendo in quel dato giorno vale 100;

2) Società che distribuisce il dividendo 95+ 3,7 pari a 98,7 Euro.

Dove vedete la convenienza?

Aggiungo: se il dividendo non arriva da società italiane, ma da società estere abbiamo una doppia tassazione e quando va bene paghiamo tra il 40 e il 50% dell’importo lordo (NB: si può chiedere il rimborso della trattenuta estera dove ci sono trattati contro la doppia imposizione, ma chi lo fa per piccole cifre? Nessuno o quasi).

Due considerazioni finali:

1) Chi cerca le cedole deve comprare titoli di stato area Euro e prodotti similari (monetari/obbligazionari) che hanno la tassazione agevolata al 12,5%, mentre l’azionario si compra per la crescita non per le cedole, questo a livello di consiglio generale e di efficienza fiscale.

2) Chi vuole perseguire strategie di investimento sui dividendi lo deve fare usando ETF dove i dividendi non vengano distribuiti ai clienti finali, ma reinvestiti (capitalizzati come si usa dire) dentro lo strumento. In questo modo si evitano le tassazioni intermedie, rimangono più soldi da investire e si rimanda nel tempo la tassazione finale.

admin@norisk.it
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