La fiscalità degli strumenti finanziari

fiscalità degli strumenti finanziari

La fiscalità degli strumenti finanziari

Tipologie di regimi fiscali

Il fisco italiano è estremamente complesso e ha creato tutta una serie di difficoltà e di non trasparenza nell’impiego dei propri risparmi.

Comprare uno strumento finanziario piuttosto che un altro, incassare delle cedole e/o dei dividendi, essere in regime gestito o amministrato sono tutte parole e terminologie che le persone devono anche solo a sommi capi conoscere.

Iniziamo dal distinguere i 3 regimi nei quali un risparmiatore si può trovare:

  1. Regime amministrato: classica situazione nella quale si apre un deposito titoli presso una banca e l’intermediario agisce da sostituto d’imposta. Al cliente non tocca fare nulla salvo che abbia strumenti “non armonizzati” che in tal caso andranno inseriti in dichiarazione dei redditi;
  2. Regime gestito: è la situazione nella quale il cliente apre un mandato di gestione patrimoniale con la banca e le tasse sono calcolate dalla banca stessa sul risultato annuale di gestione;
  3. Regime dichiarativo: è la situazione nella quale il cliente riceve sul proprio conto titoli/conto corrente “i proventi lordi” e si deve occupare con il commercialista nella dichiarazione annuale dei redditi di indicare le plusvalenze e i redditi di natura finanziaria.

 

L’analisi di questo lavoro è concentrata sulla situazione più semplice e più diffusa ovvero IL REGIME AMMINISTRATO dove la banca agisce come sostituto d’imposta.

 

Le categorie dei redditi finanziari

Gli strumenti finanziari generano due tipi di redditi:

  • Redditi di capitale;
  • Redditi diversi.

Tra i redditi di capitale figurano:

  • Interessi su depositi e conti correnti;
  • Le cedole pagate dalle obbligazioni e dai titoli di stato;
  • I dividendi pagati dalle azioni;
  • I proventi derivanti da pronti contro termine;
  • Le plusvalenze di ETF e fondi armonizzati.

Tra i redditi diversi figurano:

    • Plusvalenze su azioni, strumenti derivati (futures, opzioni, cfd), obbligazioni con cedola, ETC, ETN, certificati;
    • Minusvalenze su ETF armonizzati;
    • Minusvalenze su ETF non armonizzati.

 

Le aliquote dei vari strumenti finanziari

INVESTIMENTO TIPOLOGIA DI PROVENTO ALIQUOTA DI TASSAZIONE
Titoli di Stato della Comunità Europea ed equiparati (sovranazionali) Redditi diversi 12,5%
Obbligazioni emesse da Società quotate, indipendentemente dalla durata Redditi diversi 26%
Azioni quotate Redditi diversi 26%
Derivati Redditi diversi 26%
ETF armonizzati * Redditi di capitale 26%
ETF non armonizzati Redditi di capitale Da regolare ai fini IRPEF in dichiarazione dei redditi
Quote di OICR immobiliari chiusi Redditi diversi 26%
Dividendi Redditi di capitale 26%
Interessi Redditi di capitale 26%
* Con possibilità di applicazione della tassazione ordinaria IRPEF in sede di dichiarazione dei redditi

 

Esempio pratico di tassazione degli strumenti fiscali

Un risparmiatore ha in PF Eur 10.000  di Etf/fondo sulle azioni dell’energia rinnovabile.

Dopo 3 anni perde il 20% quindi si trova ad avere solo più Eur 8.000 e decide di liquidare l’investimento generando dopo la vendita una minusvalenza effettiva di Eur 2.000 (ricordiamo che, ai fini della tassazione nel regime amministrato in Italia una plus o una minus si verificano a livello fiscale SOLO al momento della chiusura dell’operazione).

Questo significa che se non vendo NON genero una minusvalenza fiscalmente rilevante, ma ho solo una minusvalenza “teorica” sul conto titoli (potrei ad esempio mantenere il titolo altri 2 anni e vendere in profitto).

Una volta realizzata la perdita questa viene registrata nel cassetto fiscale collegato al codice fiscale del cliente sul conto della banca X. Se il cliente ha conti in banche diverse i cassetti fiscali “non parlano tra di loro”.

Si ha tempo per il recupero delle minusvalenze (che generano un credito fiscale in questo caso di Eur 2.000) l’anno in corso ed i 4 successivi.

Se ad esempio genero una minusvalenza nel 2024 avrò tempo fino al 31/12/2028 per il recupero fiscale di tali somme.

Quello che è importante capire è che se in un PF d’investimento abbiamo solo strumenti quali fondi ed ETF, che sono in assoluto i più diffusi tra i risparmiatori, se avessimo ad esempio un ETF su Oil & Gas in profitto di Eur 2.000 non sarebbe utile per il recupero della minusvalenza pregressa, ma anzi generebbe una vendita imponibile (reddito di capitale) e tassata al 26% (con trattenuta e versamento allo stato a cura della banca).

Se invece di avere un ETF Oil & Gas avessi ad esempio delle azioni ENI con un profitto di Eur 2.000, tale somma generando un “reddito diverso” permetterebbe la compensazione delle minusvalenze, non pagherei il 26% e il mio cassetto fiscale andrebbe a zero.

Quello che abbiamo capito dall’esempio è che redditi di capitale e rediti diversi non sono la stessa cosa per il fisco italiano e che, anche se la logica vorrebbe che utili e perdite fossero compensabili tra di loro, nella realtà il legislatore per ragioni di bilancio ha imposto dei limiti incomprensibili e difficilmente giustificabili.

Altro esempio classico è quello di un risparmiatore  sempre con un cassetto fiscale con un credito di Eur 2.000 che riceve dividendi azionari e cedole dai titoli di stato dal suo PF sempre per Eur 2.000: ebbene tutte le cedole incassate essendo redditi di capitale NON permettono il recupero delle minusvalenze.

Il legislatore ha promesso di riformare tutta questa materia in modo da renderla più semplice e “fiscalmente neutra”, la realtà è che mancando soldi nel bilancio dello stato, difficilmente uscirà una nuova legge sulla fiscalità degli investimenti che permetta la compensazione totale di tutte le minusvalenze e plusvalenze nel PF titoli dei risparmiatori.

admin@norisk.it
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